Cari Amiche e Amici della Libera Università per Adulti di Paese,
un cordialissimo saluto a tutti voi e a quanti vi stanno a cuore.
Ho il piacere, su invito del Presidente e del Consiglio Direttivo, di riprendere il dialogo con voi, interrotto per ragioni di forza maggiore, ragioni che ora sembra siano, almeno in parte, superate.
L’Università ha creato uno spazio virtuale, denominato agorà, una sorta di piazza in cui tutti quelli che lo desiderano possono confrontarsi su idee, fatti, opinioni, avvenimenti, a patto che siano rispettate da ciascuno due regole: il rispetto per il pensiero di ciascuno e, come si diceva un tempo, la buona creanza anche nel linguaggio.
Da parte mia, mi rendo disponibile a dialogare con chi lo desiderasse, ponendomi domande e, soprattutto, argomentazioni a supporto delle proprie affermazioni. Sarà un bel confronto, che potrà solo farci bene.
Vi aspetto, ovviamente via e-mail, che trovate nel sito stesso.
A tutti il mio più cordiale saluto.
Lino Sartori
LA PIAZZA
Una piazza non è soltanto il centro abitato di un paese o di una città; piazza è assai di più di uno spazio delimitato da edifici: pur essendo un luogo fisico bene identificato, è soprattutto un luogo simbolico, che, appunto perché è simbolico, assume tanti significati, derivanti dalla storia, dalle vicende legate a personaggi più o meno illustri, da episodi spesso curiosi che costituiscono motivo di attrazione. Ciò che a me interessa evidenziare ora è l’uso culturale che la piazza ha assunto soprattutto in età greca, quando veniva chiamata con il termine agorà.
Per i greci l’agorà era soprattutto il luogo pubblico per eccellenza, dove i cittadini si radunavano per partecipare a discussioni di interesse comune; in piazza si prendevano le decisioni “politiche” in senso genuino, ovvero riguardanti la polis; si emanavano sentenze da parte dei tribunali, e altro ancora.
In piazza avvenivano soprattutto i dibattiti tra i grandi oratori, tra i sostenitori di tesi diverse o opposte su argomenti di ogni tipo. Si discuteva, oltre che di cose riguardanti il governo della città, di argomenti dottrinali, filosofici, scientifici, pedagogici, artistici. L’agorà era il luogo in cui si faceva e si trasmetteva cultura. Era il luogo dove il linguaggio era lo strumento fondamentale non solo per comunicare, ma per argomentare, cioè per trovare e produrre prove. Era il luogo aperto in cui si dimostrava il valore di un’idea.
E oggi? Le cose stanno in modo alquanto diverso. Talora la piazza è il luogo del perditempo, delle chiacchiere, del consumo arbitrario di notizie più o meno fondate, simili spesso ad una sorta di processo popolare di basso conio. Ma, come recentemente ne abbiamo avuto non pochi esempi, la piazza può divenire anche il luogo della manifestazione di idee e soprattutto di sentimenti e di emozioni che covano da tempo dentro molte persone e che, quasi improvvisamente, vengono all’aperto per le ragioni più varie.
Comunque sia, la piazza risponde ad un bisogno profondo della persona, di cui la filosofia e l’arte si sono occupate da tempo: il bisogno di stare assieme o, meglio ancora, il bisogno di essere insieme. Ed è proprio questo aspetto che la cultura greca, ripresa in modo chiaro da gran parte del pensiero contemporaneo, ha sottolineato, affermando non solo che la persona è un essere sociale e socievole, ma che il senso ultimo della persona è “essere-con-gli altri”. Intendiamoci, però: essere-con-gli altri non nel senso di stare al bar a prendersi un aperitivo in compagnia, o di fare una vasca in centro città per curiosare nelle vetrine. Essere-con-gli altri significa che il mio essere riceve senso solo se condivido la sorte degli altri, se conosco le loro vere istanze, se vivo non solo centrato su me stesso, ma attento anche agli altri. In questo, secondo la saggezza greca, consisteva la felicità, che Aristotele riassumeva così: è bello essere felici, ma lo è ancor di più se siamo felici nel numero maggiore possibile di persone.
Dunque, la piazza come il luogo in cui trovare e fare la felicità.
Strano, ma possibile. Lino Sartori